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Alcune informazioni sulla condizione della donna in India

Nonostante sia un paese in rapida modernizzazione e crescita economica, per molti versi l’India rimane ancora profondamente ancorata a una visione essenzialmente patriarcale dei rapporti sociali, relegando la donna ad una posizione subalterna rispetto all’uomo.
Le donne indiane vivono ancora oggi in una condizione di discriminazione e devono quotidianamente sopportare violenze e privazioni. Un esempio può essere l’ambito lavorativo: a parità di lavoro una donna percepisce un terzo del salario di un uomo. Malgrado ciò le donne costituiscono un importante fonte di manodopera per il paese: i lavori più pesanti, la costruzione di strade o di edifici o il lavoro nei campi, sono svolti in gran parte da donne. Ci sono, poi, le eccezioni: nella vita pubblica ed economica indiana, sono centinaia i nomi femminili emergenti nei campi più diversi: dall’industria del cinema, dalla politica alla letteratura. Eppure, dietro questa apparente apertura all’emancipazione , l’India è ancora un paese negato alle donne.
Contrariamente a quanto avviene nel resto del mondo, le donne in India rappresentano la minoranza della popolazione (48%). Ci sono 929 donne ogni 1000 uomini: effetto devastante di una selezione spietata, praticata talvolta ancora prima della nascita.
L’infanticidio delle figlie femmine è una pratica ancora tristemente diffusa in molte aree rurali dell’India, soprattutto in Tamil Nadu e nel Rajastan e in particolare dopo l’avvento di macchinari che determinano in modo veloce ed economico il sesso del nascituro. Per decenni le associazioni per i diritti delle donne hanno combattuto ogni forma di discriminazione ,ma purtroppo, ancora oggi, la nascita di una figlia femmina viene considerata una disgrazia per la famiglia che dovrà preoccuparsi della sua dote matrimoniale.
La maggioranza dei matrimoni in India sono combinati dalle famiglie dei futuri sposi sulla base di considerazioni quali l’affinità di casta , la posizione sociale ed economica e l’ammontare della dote della ragazza. La giovane moglie dovrà lasciare per sempre la sua famiglia di origine e stabilirsi nella casa dei suoceri con il marito, magari in una città o in un villaggio lontani da quelli di origine. E’ in questo contesto che la giovane sposa diventerà oggetto di angherie e violenze sia psicologiche che fisiche dalla famiglia acquisita e soprattutto dalla suocera che si aspetta supina obbedienza. La violenza domestica è una realtà che molte donne, in India, sia nelle zone rurali che nei centri urbani maggiormente industrializzati, si trovano a dover fronteggiare.
La più frequente causa di violenze riguarda le continue e pressanti richieste di denaro o beni materiali che il marito e la sua famiglia rivolgono ai genitori della ragazza nel corso della vita matrimoniale per il debito della dote. Se non esaudite, tali richieste possono rivelarsi fatali per la ragazza.
Ogni anno muoiono, in circostanze atroci, migliaia di giovani a causa di ustioni provocate da cherosene, il combustibile normalmente usato per cucinare. Spesso sono le stesse donne a togliersi la vita. I decessi avvenuti per cause non naturali, lungi dal costituire un fenomeno in declino, hanno conosciuto negli ultimi tempi un’incidenza crescente, probabilmente proprio a causa della modernizzazione che, oltre a portare indubbi benefici, porta con sé un’elevata dose di materialismo e consumismo. Il matrimonio è diventato sinonimo di denaro facile e la violenza coniugale è ormai diventato un fatto normale.
Si calcola che in India il 70% delle donne sia vittima di violenza tra le mura domestiche, con oltre due terzi delle vittime morte bruciate e, in gran parte, donne giovani tra i 18 e i 26 anni, sposate da poco. E’ per questo motivo che il codice penale indiano ha stabilito che il marito e i suoi famigliari sono responsabili per la morte di una donna sposata da meno di sette anni, a meno che la morte non sia avvenuta per cause naturali. Si calcola che non più del 2% degli incidenti dichiarati come tali sono realmente incidenti di cucina e che nell’altro 98% dei casi si tratta di crimini. Il fatto sconcertante è che, stranamente, questa ondata di “incidenti di cucina” risparmi le suocere e le cognate delle neo spose! Spesso i genitori della vittima sanno ma, prigionieri di una cultura patriarcale e di convenzioni sociali profondamente radicate, sono incapaci di reagire. Per loro la cosa essenziale è il rispetto delle tradizioni e l’uomo che uccide la moglie viene da moltissimi giustificato, raramente sarà oggetto di critiche.
Anche se talvolta l’argomento è tabù, la “dowry death” è largamente accettata e riguarda l’intero paese e tutti gli ambienti della società. E’ una pratica che gode della complicità di fatto dei poteri politici, della polizia, della giustizia: spesso si dissuadono i genitori a sporgere denuncia, si rallentano le procedure, raramente la polizia ritrova i fornelli incriminati; anche se le tracce di percosse e di ustioni sono evidenti, le stesse vittime sono incapaci di reagire denunciando il marito. I responsabili di tali atrocità restano solitamente impuniti e ciò deriva dal fatto che sostanzialmente la violenza domestica è di fatto socialmente accettata.
In India il divorzio è legalizzato, ma per una donna questa scelta è molto difficile e rischiosa: significa spesso essere ripudiata dalla famiglia di provenienza, perdere la custodia dei figli e soprattutto essere emarginata senza possibilità di ricostruirsi una vita.
In questo contesto diventa importantissimo il lavoro che giornalmente svolgono moltissime associazioni di donne che offrono anche aiuto psicologico legale. Nel 1961 un parlamento liberale ha fatto passare una legge che proibiva la richiesta della dote. In tanti, però, sono a pensare che è proprio la volontà politica che manca per lo sradicamento di questa pratica che continua a non essere una priorità per i dirigenti del paese.
(da fonti Unicef, Amnesty International, Monde Diplomatique).

violenza

La nostra esperienza come Associazione “Rajiv Gandhi Home for Handicapped – sede italiana – ONLUS”, ci porta ogni giorno a scontrarci con quelle che sono le discriminazioni del mondo femminile indiano e della disabilità. Le donne ospiti del centro sono disabili (colpite da polio o miopatia agli arti inferiori, due di queste hanno delle ustioni gravi che deturpano ad una il viso, all’altra un braccio). Essere disabili in un paese del sud del mondo significa essere discriminati socialmente ed economicamente, escluse dal mercato del lavoro, senza accesso ai servizi sanitari, senza ricevere un’istruzione o una formazione adeguata. Gli aiuti da parte delle istituzioni locali rasentano a volte il ridicolo (qualche sacco di riso del peggiore tipo). La loro è, comunque, una vita semplice ma dignitosa, soprattutto perché il centro offre a tutte cibo e vestiario gratuitamente senza distinzione di razza e religione.
Non c’è un distacco completo delle ragazze che vivono nel centro dalle loro famiglie, il cui scopo è comunque quello imposto dalla società di riuscire a sposarle nonostante la disabilità. Ed è così che i genitori superano la vergogna di avere una figlia disabile sposandola con un uomo magari di oltre settant’anni ma che, in cambio di una dote più alta, la prende in sposa. Questo fatto ci ha creato molti problemi e a volte dato tanta tristezza. Da parte nostra a volte viene a crearsi una difficoltà ancora più grande che è quella di investire in formazione (in un qualsiasi momentola ragazza ospite del centro può essere richiamata al villaggio dalla famiglia per un matrimonio combinato, senza poter fare ritorno e pur avendo magari una prospettiva lavorativa).
Nonostante questo abbiamo notato come le ragazze vivano questa realtà con tanto fatalismo, sognando anche per loro un marito bello e fedele che dia loro tanto amore, proprio come nei film di Bollywood…….

Da www.corriere.it un bell’articolo sulle “Donne in sari rosa”

http://www.corriere.it/esteri/13_marzo_05/india-la-rivoluzione-dei-sari-rosa_8ca28b1e-85a9-11e2-b184-b7baa60c47c5.shtml

NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE!

“I diritti delle donne sono una responsabilità di tutto il genere umano; lottare contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne è un obbligo dell’umanità; il rafforzamento del potere di azione delle donne significa il progresso di tutta l’umanità.”
Kofi Hannam